CREATURE OCCUPANO IN VIA AGUCCHI SULLA DEVASTAZIONE DEL PASSANTE DI MEZZO

La coniglia correva. Aveva attraversato via Zanardi tutta d’un fiato e adesso si era presa una pausa sotto al monobinario. Bologna alle spalle, avanzava verso la periferia. Un orologio le sbatteva nel taschino tic tac tic tac. Annusava l’aria densa di polline in cerca di qualcosa. La inseguivano con i loro grossi denti di metallo, la ferocia negli occhi di vetro, le sirene in cima alle loro teste. Attraversò la strada schivando le macchine, e riprese a correre.

Stava ancora cambiando casa. Prima abitava in un Albero cavo sulla collina del Paleotto, con un’assemblea di coniglie e conigliu che erano la sua famiglia politica e di affetti. Quando i denti di metallo erano venuti a tirare giù l’Albero per fare spazio al fiume di asfalto, la coniglia era fuggita, ma nella confusione aveva perso di vista le sue compagne. Dopo lunghi vagabondaggi, aveva incontrato una comunità di scoiattolx nel cuore della Montagnola che l’avevano accolta dandole un pasto e un rifugio in cui dormire.

Poche settimane dopo le armi umane erano tornate, forgiate in secoli di guerre e campagne militari, e avevano travolto anche il parco. Mentre l’ultima albera cadeva, la coniglia aveva raccolto il suo fagotto ed era fuggita. Ora correva, zigzagando tra le colate di cemento.

Il mondo le crollava attorno e faticava a ricordare cosa cercava e perché. Eppure man mano che risaliva verso la Pescarola i pensieri si facevano più chiari. Affacciato a una finestra un bambino la guardava. Le sembrò di vedere un sorriso complice. Su un balcone del palazzo accanto, sventolava uno striscione NO PASSANTE. Era refrattaria alle parole, ma quelle le piacevano. Una volta lo aveva detto lei stessa alla sua amica Alice: circondate da voci che credono a quello che dicono bisogna fare un balzo in avanti e dire quello a cui si crede. Quella autostrada che volevano allargare – il Passante di Mezzo – andava fermata.

Svoltando su via Agucchi, le zampe vibravano. Passò sotto a un grande albero, che col suo ramo più lungo sembrava indicarle la via. Guardando il tratto di fascia boscata oltre la strada, la coniglia si accorse di non essere sola. C’erano altrx coniglix, e scoiattolx e corvx e piccionx e piccolx lumacx in fila che si avviavano, chi più veloce, chi più lenta, nella stessa direzione. Andavano tuttx verso il bosco, raggiungevano un appuntamento per cui non c’era stato bisogno di nessuna agenda.

L’orologio le ticchettava impazzito nel taschino. In quel momento la coniglia seppe che non era più tempo di scappare. Lì oltre la strada e le case, c’erano ancora gli alberi, c’era il fiume, eppure tutto era precario, già si vedevano le carcasse dei tronchi caduti sotto ai denti di metallo, e le minacciose reti arancioni. La forza distruttiva delle tenaglie andava ovunque, ma lei e le altre creature erano lì, erano vive.

Giunta sul ciglio del bosco, la coniglia sapeva cosa fare. Tirò fuori l’orologio dal taschino. Le lancette giravano al contrario eppure era arrivata puntuale all’appuntamento. Davanti a lei, il cerchio dellx animalx era sempre più fitto.

Si sistemò il gilet, spazzò via qualche filo d’erba rimasto impigliato, e saltò oltre la rete.

> Via Agucchi 126

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